Con la sentenza 1366/1999, La Corte di Cassazione prospetta la natura di pagamento traslativo della cessione gratuita prevista nella convenzione urbanistica.
In particolare, si osserva che la convenzione urbanistica, con la quale il comune autorizza i privati a costruire, secondo il progetto approvato, e riceve in proprietà le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, ovvero le aree destinate a questo scopo, non consta necessariamente di un negozio giuridico unico ma, in concreto, può risultare da una serie di atti negoziali con efficacia obbligatoria e reale, che si integrano a vicenda per lo scopo e per il contenuto, e che si raccolgono ad unità nell’effetto precettivo proprio del negozio di convenzione, dal cui complesso si attuano e l’intento del comune di autorizzare la costruzione da parte dei privati e il volere di questi di cedere al comune la proprietà delle opere di urbanizzazione o delle aree a ciò destinate. Perciò, inserito nel negozio complessivo, l’atto – con cui l’originario proprietario dei terreni edificabili, in adempimento della obbligazione assunta con gli acquirenti, cede gratuitamente al comune la proprietà delle aree destinate alla urbanizzazione – non può considerarsi come autonomo atto di liberalità, come tale revocabile fino alla accettazione della controparte, ma come adempimento dell’obbligazione già assunta nell’ambito del negozio di vendita dei terreni ed accettata preventivamente dal comune con la stipulazione della convenzione posta in essere con gli acquirenti delle aree fabbricabili.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza, 18-02-1999, n. 1366
Motivi della decisione. – 1. – A fondamento del ricorso, il comune deduce:
1.1. – Violazione, erronea interpretazione e falsa applicazione degli art. 1333 e 922 c.c., con riferimento all’art. 28 l. 17 agosto 1942 n. 1150; omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia: ai sensi dell’art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.
La Corte d’appello di Bologna considera l’impegno assunto dalla società Cabianca nei confronti degli acquirenti di cedere al comune il terreno necessario per l’approvazione del piano di lottizzazione come contratto a favore di terzo. Conseguentemente, deve ritenersi come negozio privo di qualsivoglia intento liberale, in quanto correlato con l’obbligo giuridico scaturente dall’art. 28 l. n. 1150 del 1942 e successive modificazioni. D’altra parte, la stessa sentenza riconosce l’evidente collegamento negoziale, che esclude in capo alla società Cabianca qualsiasi animus donandi.
Poiché il trasferimento delle aree viene posto in essere in esecuzione di una obbligazione, convenzionalmente assunta per disciplinare le modalità di adempimento di un obbligo legale, detto trasferimento deve essere qualificato come contratto unilaterale, atipico e gratuito, che nulla ha a che vedere con una donazione: vale a dire come fattispecie di acquisto di un diritto reale, per la quale non è prevista la accettazione espressa dell’acquirente.
1.2. – Violazione, erronea interpretazione e falsa applicazione degli art. 28 l. 17 agosto 1942 n. 1150, come modificato dall’art. 8 l. n. 765 del 1967, e dell’art. 782, 2°, 3° e 4° comma, c.c.: in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.
L’impegno di cedere gratuitamente le aree – senza il quale la lottizzazione non poteva essere approvata – rende la società Cabianca lottizzatrice sostanziale e la successiva cessione gratuita ratifica tale posizione.
D’altra parte, l’acquisto della proprietà in capo al comune verificatosi per legge, ex art. 28 l. 17 agosto 1942 n. 1150, raffigura un modo speciale di acquisto, con causa tipica di diritto pubblico. L’obbligazione del lottizzante nasce direttamente dalla legge e il suo adempimento (la cessione gratuita) è titolo giuridico idoneo e sufficiente ad operare il trasferimento della proprietà.
In ogni caso erra la sentenza laddove ritiene che l’adempimento dell’obbligazione ex lege possa essere revocato, poiché la revoca è ammissibile soltanto nelle ipotesi espressamente previste dal legislatore.
Quanto all’argomento del difetto di accettazione in forma scritta, detta accettazione può rinvenirsi sia nella lettera 24 ottobre 1987, con la quale il sindaco ha contestato la revoca della supposta donazione, sia nella delibera della giunta municipale 15 giugno 1988, con la quale il comune ha deciso di agire in giudizio.
2. – Alla disamina dei motivi di ricorso, da valutarsi congiuntamente in ragione della loro evidente connessione, conviene premettere una sintesi dei principî, concernenti la materia, che si applicano al caso di specie, nonché la puntualizzazione degli elementi di fatto risultanti dagli atti.
2.1. – Per ciò che concerne i principî di diritto, ai sensi dell’art. 8 l. 6 agosto 1967 n. 765, che modifica l’art. 28 l. 17 agosto 1942 n. 1150, la lottizzazione dei terreni a scopo edilizio viene autorizzata dai comuni subordinatamente alla stipula di una convenzione, che preveda, tra l’altro: 1) la cessione gratuita entro i termini prestabiliti delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria e secondaria; 2) l’assunzione a carico del proprietario degli oneri relativi alle opere di urbanizzazione primaria e di una quota delle opere di urbanizzazione secondaria; 3) i termini entro i quali deve essere ultimata l’esecuzione delle opere suddette.
La lottizzazione dei terreni a scopo edilizio, dunque, è subordinata alla stipula con i comuni della convenzione, con la quale i privati interessati si impegnano ad eseguire il progetto approvato e le opere di urbanizzazione, primaria e secondaria, ed a cedere al comune talune di esse. La convenzione si classifica nell’ampia categoria dei contratti con oggetto pubblico, in quanto raffigura una fattispecie contrattuale, attraverso la quale l’amministrazione realizza le finalità inerenti ai suoi scopi istituzionali, ed in cui assume netta prevalenza il tratto pubblicistico, giacché i diritti e le obbligazioni di natura patrimoniale, ai quali dà origine, sono preordinati al perseguimento delle finalità pubbliche.
Quanto agli effetti, è incontroverso che la assunzione degli oneri di urbanizzazione concernenti una lottizzazione abbia natura di obbligazione propter rem. Non si revoca in dubbio neppure che la convenzione spieghi efficacia reale nei confronti dell’amministrazione comunale. La natura pattizia delle obbligazioni assunte dagli stipulanti non appare incompatibile con la contestuale esistenza del dato più importante e significativo, vale a dire con il nuovo assetto dei diritti sui terreni, susseguente alla produzione degli effetti reali nei confronti della pubblica amministrazione (la cessione in proprietà delle opere di urbanizzazione, ecc.).
Conviene aggiungere che la destinazione di un bene sussiste quando è stata operata, nei modi e nelle forme prescritti, la scelta tra le sue possibili utilizzazioni, essendo stata determinata una particolare finalità. Con la convenzione di lottizzazione, una volta individuate le aree necessarie per le opere di urbanizzazione, ad esse si conferisce il vincolo di destinazione, consistente nella somma delle limitazioni e degli obblighi imposti per garantire il conseguimento del fine di natura reale.
Per concludere sul punto, la convenzione di lottizzazione non è necessariamente costituita da un unico negozio stipulato tra il proprietario e il comune: specie quando alla conclusione della vicenda sono interessati titolari diversi, al perfezionamento della convenzione possono contribuire distinti atti giuridici collegati tra loro, che si integrano a vicenda in ragione dello scopo e del contenuto e si coordinano in un unico complesso, in quanto concorrono alla formazione del risultato, consistente nella autorizzazione ai privati a costruire in conformità al progetto e nella cessione in proprietà al comune delle opere di urbanizzazione o delle aree ad hoc.
2.2. – Quanto agli elementi di fatto, con scrittura privata autenticata dal notaio Borsci il 27 aprile 1977, la società Cabianca vendette ad undici acquirenti altrettanti lotti edificabili. Con lo stesso atto, la società Cabianca si impegnò a trasferire al comune – a semplice richiesta degli acquirenti – la proprietà delle aree contrassegnate in catasto dai mappali 43, 182 e 42 del foglio 9, per essere adibite a strada, verde pubblico, parcheggi e attrezzature sociali, secondo la specifica destinazione prevista dal progetto di lottizzazione approvato dal comune.
Con atti 9 e 12 dicembre 1977, gli acquirenti dei lotti sottoscrissero con il comune di San Lazzaro di Savena la convenzione di lottizzazione, concernente, tra l’altro, le aree di cui ai mappali 43, 182 e 42 del foglio 9, dichiarando espressamente di essere obbligati alla cessione gratuita delle aree destinate a verde pubblico, alle aree stradali con i relativi parcheggi e delle aree per le attrezzature sociali e precisando che la cessione poteva avvenire a semplice richiesta dell’amministrazione comunale.
Infine, con atto ricevuto dal notaio Borsci il 16 gennaio 1979, la società Cabianca cedette gratuitamente al comune le aree contrassegnate dai mappali 43, 182 e 42 del foglio 9: atto che la società Cabianca – in data 23 gennaio 1987, vale a dire otto anni dopo – ha dichiarato di revocare.
2.3. – Dalla esposizione dei principî e dalla valutazione degli atti richiamati, dalla individuazione dei loro rapporti e del collegamento che ne risulta, emerge con evidenza non essere possibile la considerazione isolata e atomistica dei singoli negozi, in quanto essi fanno parte di un complessivo disegno, il cui risultato è raffigurato dagli effetti tipici della convenzione di lottizzazione (autorizzazione ai privati a costruire secondo il progetto e cessione al comune delle opere di urbanizzazione), rispetto ai quali i singoli elementi si pongono come momenti integrantisi a vicenda per lo scopo e per il contenuto e raccolti ad unità nel negozio di convenzione.
Per la verità, nella complessa negoziazione non può considerarsi come promessa a sé, scissa dagli atti successivi (come una sorta di contratto in favore del terzo comune di San Lazzaro di Savena, che ha interesse, e che acquista il diritto di credito per effetto della stipulazione, peraltro revocabile finché il terzo non abbia accettato: art. 1411, 2° comma, c.c.) l’impegno assunto dalla società Cabianca nei confronti degli acquirenti di trasferire al comune, a semplice loro richiesta, la proprietà delle aree destinate alle opere di urbanizzazione. Evidentemente, questo impegno acquista rilievo nell’ambito della complessiva negoziazione, come momento necessario ad integrare l’effetto precettivo finale.
Lo stesso discorso vale per la dichiarazione, emessa dagli acquirenti proprio in sede di convenzione, di assumere l’obbligo di cedere al comune le aree destinate alla urbanizzazione, al fine di dare esecuzione all’obbligazione propter rem assunta dalla venditrice. Nella complessiva trama negoziale, la cessione al comune a titolo gratuito delle aree da parte della società non raffigura un atto di liberalità a sé stante, sibbene l’esecuzione della precedente obbligazione assunta immediatamente nei confronti degli acquirenti e, indirettamente, nei confronti del comune: cessione già ritualmente accettata dal comune nei modi e nelle forme prescritte al tempo in cui ha stipulato la convenzione di lottizzazione, che espressamente contemplava la cessione delle aree destinate alle opere di urbanizzazione.
3. – Pertanto, i motivi di ricorso devono essere accolti, la sentenza impugnata cassata e la causa rinviata ad altra sezione della Corte d’appello di Bologna, la quale deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità attenendosi al seguente principio di diritto: la convenzione di lottizzazione, con la quale il comune autorizza i privati a costruire, secondo il progetto approvato, e riceve in proprietà le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, ovvero le aree destinate a questo scopo, non consta necessariamente di un negozio giuridico unico ma, in concreto, può risultare da una serie di atti negoziali con efficacia obbligatoria e reale, che si integrano a vicenda per lo scopo e per il contenuto, e che si raccolgono ad unità nell’effetto precettivo proprio del negozio di convenzione, dal cui complesso si attuano e l’intento del comune di autorizzare la costruzione da parte dei privati e il volere di questi di cedere al comune la proprietà delle opere di urbanizzazione o delle aree a ciò destinate. Perciò, inserito nel negozio complessivo, l’atto – con cui l’originario proprietario dei terreni edificabili, in adempimento della obbligazione assunta con gli acquirenti, cede gratuitamente al comune la proprietà delle aree destinate alla urbanizzazione – non può considerarsi come autonomo atto di liberalità, come tale revocabile fino alla accettazione della controparte, ma come adempimento dell’obbligazione già assunta nell’ambito del negozio di vendita dei terreni ed accettata preventivamente dal comune con la stipulazione della convenzione posta in essere con gli acquirenti delle aree fabbricabili.